C’è grande attesa e interesse attorno al nuovo Btp Italia marzo 2023: il titolo sarà in fase di sottoscrizione dal 6 all’8 marzo e attorno a esso si registra una comunicazione molto persuasiva, in quanto si fa bandiera per tutte le famiglie intenzionate a proteggere i propri risparmi dall’aumento dell’inflazione. Ma è veramente così? Al di là dei richiami semplicistici, è necessario fare due conti: basti pensare al 10,1% su base annua raggiunto dall’indice dei prezzi al consumo lo scorso gennaio. Sì, è vero, c’è un piccolo calo, ma non abbastanza per non influire (negativamente, s’intende) sugli stipendi degli italiani e sul costo della vita in generale. Il nuovo Btp Italia si pone dunque in un’ottica peraltro annunciata dal governo di proteggere l’economia del Paese da eventuali future crisi finanziarie.
Btp Italia marzo 2023 contro inflazione alta: protegge davvero?
Di recente, in questo Paese, sembriamo amare molto le spiegazioni superficiali, quelle che non vanno troppo a fondo. Insomma, meglio sapere chi è il bianco e chi è il nero, senza nemmeno porsi la domanda se esista il grigio. Esiste il “capolavoro” ed esiste la “merda”, senza stare perdere troppo tempo a vedere tutte le sfumature che ci sono in mezzo: insomma, si perde la capacità di contestualizzare e questo è grave per un pensiero che vuole definirsi critico. Potremo dire che è l’inizio della fine per un Paese, se si perde il pensiero critico. Così, dietro a quella pubblicità che vuole intendere il nuovo Btp Italia come uno strumento di protezione dall’aumento dell’inflazione, c’è molto, ma molto di più.
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Guardiamo oltreoceano, ad esempio: in Canada, il ministro dell’Economia Chrystia Freeland ha deciso di escludere gli strumenti legati all’inflazione dal proprio paniere di titoli pubblici allo scopo di evitare troppe attese e relative delusioni. Campanello d’allarme! La scelta è stata molto contestata, ovviamente, ma al di là delle polemiche in loco, può essere un buon spunto di riflessione per noi e per la nostra percezione delle cose e del nuovo Btp Italia marzo 2023.
Si tende a sottovalutare l’inflazione, anche quando è a due cifre, perché non c’è stata l’abitudine a viverla in questo modo negli ultimi anni, tuttavia, anche con un tasso basso, gli effetti sono a lungo termine e influiscono in modo rilevante sul valore reale dei patrimoni. Ed è proprio la durata un elemento su cui occorre prestare attenzione: sulla base dei dati di Banca d’Italia, si evince come il rendimento medio lordo dei Btp di durata residua superiore a un anno ha registrato un valore superiore all’inflazione nella maggior parte dei casi, a parte qualche importante eccezione, come durante la prima crisi petrolifera (siamo nel 1973), ma quando le fluttuazioni sono rilevanti, come nel caso appena citato, la capacità di recupero è molto lenta.
Come funziona il nuovo Btp Italia contro l’inflazione
Il Btp Italia marzo 2023 (leggi qui i vantaggi e gli svantaggi di comprarlo) ha una durata di 5 anni e offre un premio fedeltà dell’8 per mille, premio che quindi sarà offerto a tutti coloro i quali lo porteranno fino a scadenza naturale. Inoltre, è prevista una tassazione agevolata del 12,5%. Il capitale è garantito, mentre le cedole sono pagate a cadenza semestrale (cedola minima garantita 2%). In che modo questo Btp è collegato all’inflazione, nel senso che protegge dai suoi rischi? Semplice: sul Btp Italia di marzo 2023 vige il meccanismo di indicizzazione all’indice Foi, ovvero l’indice dei prezzi al consumo per operai e impiegati. Abbiamo detto che le cedole vengono pagate ogni 6 mesi: se al termine di questo semestre, l’indice Foi registra aumenti rispetto ai 6 mesi precedenti, allora la cedola e il capitale nominale subiscono un corrispondente aumento di percentuale identico a quello del Foi. Se quest’ultimo aumenta di 5 punti percentuali, allora anche la cedola subirà una maggiorazione del 5% e lo stesso avverrà per il capitale nominale. Se invece l’indice Foi resta stabile o diminuisce, il pagamento semestrale sarà ancorato al tasso minimo stabilito.
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Btp Italia: rendimento e convenienza, il valore chiave è il tempo
Veniamo ora al punto focale: il Btp Italia marzo 2023 protegge veramente dai rischi dell’inflazione? Considerando quanto appena scritto in precedenza verrebbe dire di sì, ma se andiamo a vedere cosa è successo con le vecchie emissioni di Btp Italia, possiamo vedere che il livello di protezione non è così elevato come si vorrebbe far credere. Un esempio abbastanza recente è quello del Btp emesso nel 2015 (tasso nominale dello 0,50%), che con sei semestri senza indicizzazione ha registrato una performance equivalente al 2% netto annuo, con una performance complessiva del 16,69%, a fronte di una crescita dell’indice Foi del 18,2%: una divergenza piccola, ma importante, che rende superfluo qualsiasi discorso sul livello di protezione contro l’inflazione. Il Btp Italia 2015, c’è poco da dire, non ha potuto nulla contro una, seppur piccola, perdita del potere di acquisto. Ancora peggio ha fatto il Btp Italia in scadenza a maggio 2025, per cui la protezione dall’inflazione è stata ancora più bassa. Tirando le somme, i Btp, così come i buoni fruttiferi postali, non offrono rendimenti tali da garantire una protezione al 100% dall’aumento dell’inflazione (e del costo della vita).
La verità è che stiamo parlando di briciole, di poco e niente, stiamo parlando di rendimenti che muovono davvero poco nel nostro portafoglio e che spesso non riescono neppure a proteggere i nostri risparmi. L’impressione è che ci si accontenti di una piccola erosione del risparmio, per il timore di altri tipi di investimenti. Ad esempio, se dal 2015 a oggi i risparmiatori avessero puntato sui titoli del Msci World, anche nonostante tutto quello che è accaduto negli ultimi 2-3 anni, la difesa dall’aumento dei prezzi sarebbe stata maggiore, visto che l’indice mondiale delle Borse, negli ultimi 8 anni, ha registrato una performance complessiva del 59%, ovvero del 5,7% su base annua.
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Ultima impressione: forse la Freeland non ha fatto poi così male a togliere gli strumenti inflation linked dal carnet di titoli pubblici. Almeno ha avuto l’onestà intellettuale di non mentire ai risparmiatori, di non illuderli sulla protezione totale dei risparmi dall’inflazione, aprendo loro altre possibilità e alternative, su cui forse sarebbe meglio iniziare a pensare se si vuole ottimizzare il proprio profilo di investimento.