La situazione attuale di Crédit Suisse è fonte di molta preoccupazione e incertezza. Alcuni si chiedono se le difficoltà dell’istituto svizzero possano propagarsi alle banche italiane o se la vicenda sia in qualche modo connessa con quella che ha coinvolto la Silicon Valley Bank americana.
Credit Suisse: crisi che viene da lontano
Nonostante gli sviluppi della vicenda siano in continua evoluzione, alcune cose sembrano essere chiare. Innanzitutto, le difficoltà di Crédit Suisse non sono un fatto recente: dopo le perdite subite a causa degli investimenti nei fondi Archegos e Greensil, che nel 2021 hanno comportato una perdita complessiva di oltre 6 miliardi di franchi svizzeri (6,16 miliardi di euro), l’istituto bancario ha faticato a riprendersi. Nel corso del 2021, Crédit Suisse ha chiuso l’anno in rosso per 1,5 miliardi di franchi svizzeri (1,54 miliardi di euro) a seguito di accantonamenti per 4,3 miliardi di franchi svizzeri (4,41 miliardi di euro). Nel novembre dello stesso anno, l’agenzia di rating S&P ha abbassato il rating a Bbb- e solo un mese dopo, in seguito alla perdita record, l’istituto ha iniziato un aumento di capitale, che ha portato alla partecipazione della Saudi National Bank, che ora detiene il 9,88%.
La decisione dei sauditi di non aumentare la loro partecipazione nella Crédit Suisse, soprattutto per evitare problemi legali legati alla soglia del 10%, ha innescato il panico sui mercati finanziari. La crisi dell’istituto svizzero, che non è direttamente connessa con il fallimento della Silicon Valley Bank (Svb), aveva già creato una certa agitazione. La Banca centrale elvetica ha offerto una parziale rassicurazione annunciando la disponibilità di liquidità per la banca in crisi, consentendo a Crédit Suisse di prendere in prestito fino a 54 miliardi di dollari. Tuttavia, il futuro dell’istituto bancario rimane incerto, con la prospettiva che possa essere acquisito da altri soggetti finanziari, forse anche in modo frazionato.
I legami con la crisi della SVB
Nonostante non ci sia una connessione diretta tra le difficoltà finanziarie della Credit Suisse e il fallimento della Silicon Valley Bank, gli esperti del settore ritengono che entrambi i problemi possano essere il risultato dell’aumento dei tassi di interesse messo in atto dalla Federal Reserve e dalla Banca Centrale Europea per contenere l’inflazione. In situazioni di aumento generalizzato dei prezzi, come quella attuale, l’aumento dei tassi di interesse è una pratica comune. Tuttavia, ciò comporta un rischio di instabilità finanziaria nel settore bancario, in quanto i titoli acquistati dalle banche possono subire una riduzione del valore a causa dell’aumento dei tassi di interesse.
Crisi Credit Suisse: quali conseguenze per le banche italiane?
La situazione finanziaria della Credit Suisse ha destato preoccupazione non solo per la banca stessa, ma anche per altre banche europee, come dimostrato dalla chiusura in calo delle Borse di Milano e Parigi. L’attenzione degli analisti è ora rivolta alle possibili ripercussioni sulle banche italiane, ma al momento sembra che la situazione sia sotto controllo. Il Governo italiano ha messo in contatto Consob e Banca d’Italia per monitorare l’eventuale impatto della crisi della Credit Suisse sulle banche italiane.
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Secondo alcuni esperti, il rischio di ripercussioni sulle banche italiane sussisterebbe solo in caso di fallimento della Credit Suisse, con effetti a cascata simili a quelli verificatisi con il fallimento di Lehman Brothers nel 2008. Tuttavia, questo scenario sembra escluso poiché la Banca centrale svizzera ha offerto alla Credit Suisse un prestito di circa 50 miliardi di franchi per aiutarla a risollevarsi. Nonostante ciò, la perdita subita da Piazza Affari mercoledì dimostra quanto sia importante monitorare attentamente la situazione per prevenire eventuali ripercussioni negative.