Un nostro lettore ci chiede: ci sono degli ETF per investire sulla guerra sfruttando lo scontro in atto tra Israele e Hamas? Mi riferisco a fondi a gestione passiva che replicano indici più legati alla difesa che all’aerospazio visto che, molto spesso, questi due settori sono sintetizzati assieme in ETF piuttosto ibridi.
L’amico che ha sollevato la questione ha ragione due volte: quando giustamente afferma che con lo scoppio della guerra in Israele, investire in ETF che permettono di esporsi sul settore difesa è un’ottima idea, e quando afferma che sul mercato dei fondi a gestione passiva ci sono soprattutto ETF difesa e aerospazio che sembrano essere calibrati al 100% sul trend bellico.
Senza fare tanti giri di parole, quello che serve per investire sulla guerra in Israele è un ETF molto sbilanciato sulla difesa. Non ce ne sono tanti ma ci sono (ed è questa la notizia positiva in ottica investimento).
Gli ETF difesa per sfruttare gli eventi militari
Lo scoppio di una guerra è un evento che, come tutti gli eventi, si può sfruttare per investire. Lo fanno i grandi capitalisti e possono farlo anche i piccoli investitori.
Gli strumenti di manovra più adatti per posizionarsi sui mercati in presenza di tensioni geopolitiche sono gli ETF. Sicuramente le materie prime subiscono gli effetti dei conflitti armati con una naturale tendenza ai beni rifugio come l’oro, ma sono sono gli exchange traded fund che replicano indici del settore difesa a diventare protagonisti in situazioni di conflitto militare.
Questi, rispetto alle singole azioni del comparto, hanno un importante vantaggio: il più contenuto livello di rischio. Può infatti accadere che proprio il titolo azionario che si sia deciso di comprare per sfruttare i venti di guerra, per qualsiasi ragione, non reagisca come dovrebbe. In tal caso sarebbero inevitabile le perdite. Un ETF sulla guerra, invece, investe su indici che sono composti da molte azioni legate al settore replicando il suo andamento. Le probabilità che tutte quelle azioni performino male, nonostante il contesto di riferimento favorevole, sono praticamente nulle.
Tra l’altro come le azioni, anche gli ETF sulla guerra sono quotati in borsa e quindi possono tranquillamente essere comprati e venduti senza alcuna difficoltà. Tra l’altro maggiore è la loro liquidità più alta è la facilità con cui possono essere scambiati. Anche per quello che riguarda i costi oramai esistono ETF senza commissioni* e di conseguenza il margine di potenziale profitto per l’investitore si alza. Per finire non è neppure necessario andare in banca per sottoscriverli visto che oggi, grazie alle sviluppo di piattaforme fintech avanzatissime, comprare ETF è diventato semplice e alla portata di tutti.
Ad esempio con XTB si può operare con un valore minimo di transazione di solo 1 euro. Certo ci sono dei limiti per usufruire di questa possibilità (il volume non può superare i 100.000 EUR come specificato dal broker), ma si tratta di una soglia molto alta per un trader normale.
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Gli ETF sulla difesa che performano meglio con l’escalation tra Israele e Hamas
Gli ETF che investono sulla difesa, il più delle volte, lo fanno in maniera mista. Gli indici replicati dal fondo, infatti, sono composti sia da quotate che operano nel settore della guerra che da titoli che fanno invece riferimento all’aerospazio (che ha anche scopi civili che con i conflitti non centrano nulla).
Ora i due settori vengono volutamente assimilati nello stesso ETF e questo per un motivo facilmente intuibile: se non c’è conflitto militare (ossia in una situazione di normalità) un ETF che investe al 100% sulla difesa ha pochissime chance. Il mix difesa-aerospazio, consente invece di rendere il fondo attraente anche in situazioni di basso rischio geopolitico.
Per investire sullo sconto Israele Hamas servirebbe invece un ETF puro difesa. Lo strumento c’è ed è anche quotato su Borsa Italiana. Si tratta del giovanissimo VanEck Defense Ucits ETF che replica l’indice MarketVector Global Defense Industry che, a sua volta, è composto solo da aziende internazionali attive nel settore militare e della difesa. L’ISIN identificativo dello strumento è IE000YYE6WK5 e come si può vedere direttamente dal grafico, nel primo giorno di guerra tra Israele e Hamas, l’ETF in questione segna una progressione di quasi il 4% portandosi a oltre 22,1 euro ad un passo dai massimi storici toccati l’8 agosto 2023 a 22,22 euro.
L’emittente dell’ETF è VANECK UCITS ETFS PLC e le società incluse nel paniere replicato sono 30 con un peso dominante dei titoli americani e a seguire quelli francesi (rispettivamente il 55% e il 21%). Ci sono poi aziende italiane, inglesi e della Corea del Sud. Le top 10 pesano per il 60% del paniere e le prime 5 (Thaler, Safran, Booz Allen, Leidos e Palantir) per il 35%. Non ci sono quotate di paesi che non fanno parte del blocco occidentale come ad esempio la Russia o la Cina tanto che l’ETF è stato anche ribattezzato come il fondo della Nato.
Una alternativa a VanEck Defense Ucits ETF, è Future of Defense UCITS ETF (NATO) che, in scia all’escalation militare in Medio Oriente, fa addirittura meglio con un rialzo rispetto a venerdì del 5,3% a 7,61 euro, un prezzo che significa nuovo massimo storico. Il fondo è quotato su Borsa Italiana da luglio (ancora più giovane di quello precedente) con ISIN IE000OJ5TQP4. Il gestore che lo ha emesso è HANETF ICAV e l’indice replicato è il EQM NATO+ FUTURE of DEFENCE che comprende 41 aziende del settore difesa che fanno affari con la Nato. Si tratta quindi di un fondo ancora più taghettizzato sul blocco occidentale ma che non comprendo solo ed esclusivamente titoli del comparto militare.
Rialzi più contenuti per gli ETF difesa-aerospazio
Gli ETF misti difesa-aerospazio, performano decisamente peggio del VanEck Defense Ucits ETF e questo, probabilmente, proprio per il loro carattere ibrido.
Invesco Aerospace & Defense ETF limita il rialzo al 3%. Il fondo replica lo SPADE™ Defense Index e ha tra le società più pesanti alcune delle big americane del settore come Raytheon Technologies, Honeywell, Lockeed Martin e Boeing (quest’ultima non è una quotata propriamente del settore difesa a conferma di quello che dicevano prima).
A fare ancora peggio è poi SPDR® S&P Kensho Future Security ETF che non arriva a guadagnare neppure l’1%. Il fondo consente di esporti sull’indice S&P Kensho Smart Borders Index che si caratterizza per il quasi incontrastato dominio di titoli americani. Le quotate che pesano di più sono infatti FireEye Inc, CyberArk Software Ltd, Tenable Holdings Inc e Qualys Inc (come si può intuire da questi nomi ci sono anche titoli del settore della cyber-sicurezza). Interessante il fatto che il fondo replichi anche alcune aziende israeliane ma questo non sembra essere premiate.
Oltre a questi citati ci sono poi anche altri fondi della stessa tipologia che sono inseriti nella scheda sui migliori ETF difesa 2023.
Come investire in ETF difesa: meglio reali , CFD (o entrambi)?
E adesso veniamo alla parte più operativa di questo articolo. Abbiamo individuato quali sono gli ETF sbilanciati sulla difesa che possono essere condizionati positivamente dalle guerre e dalla tensione geopolitica (non solo nel vicino Oriente ma in tutti gli scenari delicati) ma come fare per investire su questi asset? Qualche lettore potrebbero rispondere che è sufficiente andare in banca…per vedersi rifilare i fondi comuni attivi sponsorizzati dallo stesso istituto aggiungiamo noi.
La strada più agevole è quella di ricorrere ad un broker ETF. Ce ne sono tanti sul mercato italiano ma per avere la massima possibilità di scelta è preferibile usare piattaforme che permettono sia di comprare ETF reali che di fare trading sui CFD ETF e magari consentire anche l’acquisto di frazioni di ETF. E allora la scelta si restringe a pochissimi player tra cui XTB (qui la recensione aggiornata).
Tante strade diverse in una sola piattaforma ma soprattutto la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità del trading sugli ETF visto che con i CFD si può speculare al rialzo o al ribasso senza il possesso del sottostante mentre con gli ETF frazionati si acquistano quote di asset reali senza farsi carico del costo che sarebbe necessario per un acquisto unitario.
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