Con il disegno di legge n. 1712, tra i cui firmatari figurano Armando Siri e Alberto Bagnai, si vuole istituire l’obbligo di conto corrente da parte delle banche per chi lo richiede, con il divieto di recedere dal contratto se il saldo è attivo. Questa unica disposizione contenuta nel testo ha fatto storcere il naso all’ABI e a diverse associazioni bancarie, in quanto mette gli istituti di credito in posizione di debolezza rispetto ai consumatori.
Conto corrente: obbligo di accettazione. Il testo del ddl 1712
Il citato ddl 1712 prevede quindi di introdurre un nuovo articolo del codice civile susseguente all’art. 1857, ovvero l’articolo 1857-bis. Ecco il testo:
Apertura e chiusura di conto corrente – La banca non può in alcun caso esimersi dall’apertura di un rapporto di conto corrente. La banca non può recedere dal contratto di conto corrente prima della scadenza del termine quando i saldi siano in attivo.
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Conto corrente obbligatorio e no recesso con saldo attivo: la novità
Il perché di questa novità è spiegato nella relazione illustrativa che introduce il testo di legge. Negli ultimi mesi, infatti, molti cittadini si sono visti chiudere unilateralmente e senza motivo il rapporto relativo al conto corrente, anche se in presenza di saldo attivo, costringendo gli stessi a non poter disporre più delle proprie risorse. La chiusura del conto avviene con la consegna da parte della banca al correntista di un assegno circolare, che a sua volta ha bisogno di un conto corrente per convertirsi in liquidità disponibile. Ma a seguito della segnalazione interbancaria, il correntista si vede complicata la strada verso l’apertura di un nuovo conto. “Nel quadro normativo vigente”, si legge nel ddl, “anche se il correntista ha poste in attivo sul conto corrente, qualora questo venisse chiuso, si troverebbe nella paradossale situazione di non poter usufruire del proprio denaro per effetto della normativa sulle limitazioni di contante”.
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Il riferimento normativo sulla chiusura unilaterale del conto corrente da parte delle banche va letto nell’articolo 1845 del codice civile e nella normativa relativa al codice del consumo. Nel codice civile si stabilisce che “salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l’utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori”. Se poi l’apertura del credito è a tempo indeterminato, entrambe le parti possono recedere dal contratto, tramite preavviso stabilito dal contratto stesso o in caso, nel termine di quindici giorni.
La normativa impone l’esclusivo utilizzo del conto corrente su cui canalizzare gli emolumenti derivanti dallo stipendio o dalla pensione o relativi a qualsiasi transazione che provenga da uffici pubblici o negozi privati. Per tale motivo nel ddl si enuncia l’intenzione di obbligare le banche ad accettare l’apertura di un conto corrente da chiunque e a vietare il diritto di recesso se il saldo sul conto è attivo (e senza un motivo grave).
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Critiche da ABI
Da parte dell’ABI sono piovute critiche sull’emendamento. Il direttore generale dell’Associazione Bancaria Italiana Giovanni Sabatini ha infatti affermato che “la banca ha il diritto di valutare sempre le singole richieste di apertura di conti correnti, applicando criteri di diligenza professionale, buona fede e correttezza in assoluta aderenza al dettato della disciplina antiriciclaggio europea e nazionale”. Per quanto riguarda il diritto di recesso, questo “si configura come una tutela riconosciuta a entrambi i contraenti, espressione della libertà contrattuale costituzionalmente garantita e oggetto di specifiche disposizioni che ne fissano termini e modalità in relazione a singoli contratti e alla circostanza che il rapporto sia a tempo determinato o indeterminato”: nel primo caso è necessaria la giusta causa, mentre nel secondo è richiesto il preavviso. Altro aspetto controverso è l’elemento anti-costituzionale, in quanto l’imposizione a istituti privati, quali sono le banche, dell’obbligo di contrarre tramite l’apertura di un conto, sarebbe in palese violazione nei riguardi dell’articolo 41 della Costituzione Italiana, che va a tutelare i diritti dell’iniziativa economica privata.