Lo scorso 26 febbraio 2021, con la sentenza n. 104/21, la Commissione Tributaria provinciale di Perugia si è espressa sulla detraibilità Irpef dei pagamenti effettuati da conto corrente cointestato, e in particolare da un versamento effettuato da uno dei due intestatari per la previdenza complementare, per la quale sono deducibili dal reddito contributi fino a 5.164,57 euro annui (se vuoi un ulteriore approfondimento in materia ti consiglio questo articolo). In sede di dichiarazione dei redditi, relativo al periodo d’imposta 2015, il contitolare del conto aveva pertanto effettuato la detrazione fiscale per intero, ma l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto la detrazione solo al 50%, proprio perché il prelievo era stato effettuato da un conto cointestato.
Pagamenti da conto corrente cointestato: detrazione Irpef 50%, la sentenza
Ai redditi versati fiscalmente mancava dunque una parte, richiesta tramite apposita cartella di pagamento, che però il ricevente ha rifiutato di esaurire perché pensava di essere dalla parte della ragione: la detrazione doveva essere al 100%, perché il conto cointestato era a firma disgiunta, vale a dire che ciascuno dei due cointestatari aveva licenza di utilizzare l’intera somma ivi depositata. Il parere della Commissione tributaria provinciale di Perugia è stato però contrario alla tesi avanzata: non avendo il debitore dimostrato la provenienza e la titolarità esclusiva delle somme usate per il versamento, è rimasto valido il principio di contitolarità delle quote in capo ai contestatari e di conseguenza la detrazione è stata riconosciuta solo a metà.
Le controversie
Una sentenza che però risulta piuttosto controversa, non solo alla luce delle altre detrazioni, ma proprio in base alle norme che regolano il conto cointestato. Di diverso parere alla sentenza è Paolo Remer, che su laleggepertutti.it fa riferimento proprio alla norma contenuta nel Codice Civile (art. 1298, comma 2), che recita quanto segue: “Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”. Quest’ultima dicitura, secondo Remer, “è dettata ai fini civili e non sembra di immediata applicazione in ambito tributario, dove vigono le disposizioni speciali che guardano all’effettivo sostenimento della spesa e al soggetto nel cui interesse la prestazione ammessa in deduzione o in detrazione è stata eseguita”. Pertanto la sentenza in questione rischia di diventare un “pericoloso” precedente, che potrebbe compromettere altre detrazioni relative alle spese effettuate dai conti correnti cointestati, come ad esempio quelli tra coniugi che possono servire ad adempiere proprio a questo tipo di spese.