Se sei un investitore che ha in portafoglio le obbligazioni perpetue Unicredit cedola 9,25% e scadenza prevista per il 31 dicembre 2100 (indicazione puramente formale), sicuramente non ti sarai lasciato sfuggire l’annuncio arrivato proprio ieri da Piazza Gae Aulenti sulla decisione di procedere con l’esercizio della call per il rimborso anticipato. La notizia è in effetti diventata centrale anche sui mercati azionari tanto da influenzare l’andamento in borsa del titolo.

Non è però delle azioni Unicredit che vogliamo parlare in questo post, ma bensì di quello che succederà concretamente a seguito della decisione di Piazza Gae Aulenti di esercitare la call sulle obbligazioni perpetue Unicredit 9,25% identificabili con codice Isin XS1539597499. Insomma, cosa avverrà a seguito dell’annuncio? Ci sono dei rischi per gli investitori che hanno in portafoglio questi bond?

Obbligazioni perpetue Unicredit Isin XS1539597499: quando il rimborso?

La data fissata da Unicredit per il rimborso del suo bond perpetuo scadenza 31 dicembre 2100 è il 3 giugno 2022. E’ in quel giorno che la banca eserciterà la call. Il rimborso avrà luogo alla pari. Considerando che il bond, in quotazione sulla borsa del Lussemburgo, può essere comprato a 101, si può pensare che Piazza Gae Aulenti non abbia poi tutta questa convenienza ad esercitare l’opzione call. La realtà, però, è decisamente diversa. Di fatto Unicredit sta richiamando un bond molto costoso che da giugno in poi potrebbe esserlo ancora di più. Chiariremo dopo questo aspetto.

Rimborso obbligazioni perpetue Unicredit: cosa succederà con esercizio call?

Giorno 3 giugno 2022, chi ha in portafoglio il bond perpetuo cedola 9,25%, si vedrà corrispondere il titolo alla pari ma anche gli interessi maturati fino a quel momento. Ovviamente, però, niente maxi cedola di giugno. Un boccone amaro per tutti quei risparmiatori che avevano comprato il bond perpetuo Isin XS1539597499 al momento del suo collocamento sperando di vedersi garantito un flusso di reddito molto alto per il periodo di tempo più lungo possibile grazie ad una cedola che, forte del suo 9,25%, definire golosa sarebbe poco! E invece niente da fare perchè l’esercizio della call ha rotto le uova nel paniere.

Beffa nella beffa, il fatto che, fino al giorno precedente all’annuncio sull’esercizio della call, molti investitori che avevano comprato le obbligazioni perpetue Unicredit gongolavano dalla scelta fatta considerando l’attuale trend dell’inflazione. Insomma non è che sia proprio necessario essere degli esperti di finanza e investimenti per capire che un bond che ha una cedola del 9,25% è un utile mezzo di autodifesa contro un’inflazione al 6,5%!

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Fin qui abbiamo messo in evidenza quello che succederà con il rimborso anticipato delle obbligazioni perpetue Unicredit. E cosa invece non succederà? L’esercizio della call blocca quello che sarebbe stato un automatismo del meccanismo di funzionamento del bond ossia la trasformazione della cedola da fissa a variabile. Tale passaggio sarebbe dovuto avvenire il prossimo 3 giugno 2022 ma peccato che lo stesso giorno è era previsto il rimborso anticipato.

Per la cronaca, la nuova cedola variabile sarebbe stata pari al tasso midswap a 5 anni a cui si sarebbe dovuto sommare un margine del 9,30%. Considerando la sommatoria si sarebbe arrivati ad un interessa a 2 cifre niente male in un’epoca caratterizzata da inflazione al galoppo.

Proprio questo è il rischio che si cela dietro le obbligazioni perpetue. Tutto scritto, intendiamoci, ma non per questo la beffa è meno amara.

Dopo il rimborso delle obbligazioni perpetue Unicredit: il punto

Abbiamo accennato in precedenza al fatto che la decisione di Unicredit può apparire solo a prima vista poco conveniente. In realtà la banca richiama con la call per evitare che il bond perpetuo diventi ancora più costoso. E sapete perchè può farlo? Semplicemente perchè ha a disposizione un bel pò di liquidità maturata grazie al collocamento, a condizioni favorevoli, di altri due bond perpetui:

  • uno con cedola 4,45% collocato l’anno scorso
  • uno con cedola 3,875% collocato a febbraio 2020, giusto poche settimane prima lo scoppio dell’emergenza covid19